Le “Minni di Virgini” sono un tipico dolce di Sambuca di Siciliaideato nel 1725 da Suor Virginia Casale di Rocca Menna del collegio di Maria in onore dei festeggiamenti per le nozze del figlio della Marchesa di Sambuca.
Il come Suor Virginia sia arrivata a tale ideazione, ve lo lascio raccontare dalle sue parole:
«Guardavo questa mattina dalla finestra della mia stanzetta le colline che si susseguono dalla Valle dell' Anguillara sino alla collina del Castellaccio e alla costa della Minnulazza. La forma delle colline mi ha suggerito che noi dovremmo presentare ai marchesi un dolce che abbia la forma e, in quanto al contenuto porti la dolcezza di questa terra. Insomma un dolce paesano, ma prelibato, fine che susciti nel momento del degusto l'istinto del sentimento, ed elevi al tempo stesso lo spirito».
Una volta trovata l’ispirazione, rivolgendosi alla Marchesa di Sambuca, fa una prima descrizione di come sarà il dolce:
«Farina, uova, latte, lievito. Si compone una pinna di pasta tonda come una luna piena; al centro si accumula un po’ di tutto: cose, comunque, che debbo studiare con attenzione: non dovrebbero mancare la zuccata, la crema, l’essenza di garofano e di cannella, qualche pezzo di cioccolato e… quant’altro mi ispirerà il Signore… Vedrà che ci riusciremo a fare un dolce sensitivo».
Diverse sono le testimonianze raccolte su questo dolce:
L’Abate Giuseppe Meli, medico e docente di chimica all’Università di Palermo, nel Settecento ci racconta che:
«Di li Virgini poi su’ li beddi minni Quantu eccellenti su’, tutti lu sannu. Saluti a cui ci spenni li su nninni Cui nu’ ni mancia ci venga un malanni! Iu pri una sula acchianirria a Tintinni O starna dintra carzaratu un annui Biniditta la mamma chi li vinni Binidditi ddi mami chi li fannu». Traduzione: Delle Vergini poi sono i bei seni. Quanto eccellenti sono, tutti lo sanno. Salute a chi spende i suoi spiccioli A chi non ne mangia ci venga un malanno Io per una sola salirei sulla cuccagna O starei dentro incarcerato per un anno! Benedetta la madre che le vende Benedette le mani che le fanno. (Mario Liberto – Sicani nel mondo)
Ritroviamo le “impudiche paste delle vergini” anche ne “Il Gattopardo” di Giuseppe Tommasi di Lampedusa e commentato così dal principe di Salina:
«parfaits rosei, parfaits sciampagna, parfaifs bigi che si sfaldavano scricchiolando quando la spatola li divideva, sviolinature in maggiore delle amarene candite, timbri aciduli degli ananas gialli, e trionfi della gola col verde opaco dei loro pistacchi macinati, impudiche paste delle Vergini - aggiungendo - come mai il Santo Uffizio, quando lo poteva, non pensò a proibire questi dolci?».
La ricetta che vi propongo è di Imma del sito eCucinando.it:
Per la pasta:
- 500 g farina 00
- 150 g Zucchero
- 150 g strutto
- 1 uovo
- latte q.b.
Impastare tutti gli ingredienti sino ad ottenere una palla ligia e compatta. Tenere un’ora in frigorifero.
Primo strato del ripieno:
- 100 g zuccata tritata
- 60 g cioccolato fondente a scaglie
Secondo strato del ripieno - Biancomangiare:
- 500 g latte intero
- 80 g amido di mais
- 100 g zucchero
scorza di 1 limone
Scaldare il latte con la scorza di limone e lo zucchero, aggiungere l’amido (sciolto precedentemente in un cucchiaio di latte), mescolare tutto fino ad addensare.
Scaldare il latte con la scorza di limone e lo zucchero, aggiungere l’amido (sciolto precedentemente in un cucchiaio di latte), mescolare tutto fino ad addensare.
Glassa:
- 250 g zucchero a velo
- 1 cucchiaio succo di limone
- 2 cucchiai di acqua
Stendere la pasta e ricavarne dei dischi (10 cm diametro ∅), su questi mettere uno strato di zuccata e di cioccolato (più o meno di 1cm) e 3 cucchiai di biancomangiare. Ricoprire con un disco di frolla più grande e dare la forma di un seno aggiungere una pallina per il capezzolo, spennellare con del bianco d'uovo e infornare a 200° x 20 min.
Una volta fredde, spennellare con la glassa e cospargere di palline colorate.
Una volta fredde, spennellare con la glassa e cospargere di palline colorate.
Foto di eCucinando.it
Ornella Daricello
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